venerdì 17 febbraio 2012

“Pomigliano: una questione settentrionale”. Le premesse industriali in Campania. Partiamo da lontano

“Pomigliano: una questione settentrionale”. Le premesse industriali in Campania. Partiamo da lontano

pubblicata da Dedicato a Pomigliano d'Arco il giorno giovedì 12 gennaio 2012 alle ore 23.22 ·
I lettori ci scuseranno se…”partiamo da lontano”. Con l'inizio di questo  evento “Pomigliano: una questione settentrionale”, 
nel tentare di  percorrere le fasi storiche dello sviluppo industriale di Pomigliano d’Arco, desideriamo  descrivere , preliminarmente, il contesto storico campano proponendo, in due differenti note, alcuni paragrafi iniziali, con una scelta anche di  foto, del recentissimo libro di Sergio Mazzarella, UN SECOLO DEL SETTORE AERONAUTICO CAMPANO - Una storia poco conosciuta – (Edizione Denaro libri, Novembre 2011) le cui prime pagine del libro sono pubblicate su www.denaro.it
 Sergio Mazzarella scrive

Copertina del libro UN SECOLO DEL SETTORE AERONAUTICO CAMPANO - Una storia poco conosciuta


Le premesse industriali
nel Regno delle Due Sicilie


Già con il Regno delle Due Sicilie, Napoli e la sua provincia furono sede di importanti investimenti industriali, voluti e finanziati dai Borboni, che rappresentarono dei primati a livello nazionale e talvolta europeo.
Fin dalla fine del 1500 nella zona di Castellammare di Stabia erano presenti numerosi cantieri navali artigianali, anche grazie all’abbondanza di materia prima nei vicini boschi demaniali, e si consoliò la competenza dei maestri d’ascia stabiesi, che si tramandavano il mestiere da padre in figlio.
Nel 1780 il ministro di Ferdinando IV, Giovanni Edoardo Acton, a conclusione dell’indagine per individuare il sito dove far nascere un grande e moderno cantiere in grado di dotare la Regia Flotta di nuove navi, identificò in Castellammare la località dai requisiti ottimali.

 La realizzazione del Real Cantiere di Castellammare fu approvata da Ferdinando IV di Borbone, e completata nel 1783, divenendo in breve il maggiore stabilimento navale d’Italia per grandezza, con 1.800 operai. La prima nave a vapore costruita da uno Stato italiano fu il Ferdinando I, realizzato nel cantiere di Stanislao Filosa al Ponte di Vigliena, presso Napoli, varato il 24 giugno 1818.
Con l’ascesa al trono di Ferdinando II, ci fu un ampliamento e rimodernamento del cantiere e si porto avanti lo sviluppo su larga scala del vapore le caldaie erano realizzate a poca distanza non solo nella Reale fabbrica di Pietrarsa, ma anche da stabilimenti privati come la Zino. Con tale intensa produzione di navi, la flotta mercantile del Regno delle Due Sicilie divenne la seconda del Mediterraneo, quella militare la terza. Dopo la caduta dei Borboni, il cantiere riuscì per alcuni anni a mantenere una posizione di primaria importanza nelle costruzioni navali italiane. Senza dubbio la nave maggiormente rappresentativa di questo cantiere è l’Amerigo Vespucci varato nel 1931.
Nel 1857 fu fondato lo stabilimento“Guppy” a Napoli da Thomas Guppy - un ingegnere inglese - e William Pattison che ben presto si specializzò nel settore della meccanica navale. In seguito l’azienda divento Società Industriale Napoletana Hawthorn- Guppy. Nel 1900 le Officine Meccaniche rilevarono la Società Industriale Napoletana Hawthorn- Guppy impegnata, durante la guerra, a supportare la produzione bellica, per poi dare vita alla Mecfond.
Inaugurazione della linea ferroviaria Napoli-Portici
La prima linea ferroviaria italiana fu la Napoli – Portici realizzata nel 1839, ma soprattutto si realizzò la stupefacente industria ferroviaria “Reale Opificio Meccanico e politecnico” di Pietrarsa che, come evidenzia Pino Aprile nel suo libro “Terroni” – ed. Piemme-, costituì il piu grande complesso industriale dell’intera penisola, oltre mezzo secolo prima della Fiat, con più del doppio dei dipendenti dell’Ansaldo di Genova e che rappresentò all’epoca l’unica azienda italiana del settore capace di fare tutto da sola, dalle rotaie alle locomotive, oltre a molti altri prodotti quali forze motrici navali, travi e manufatti in ferro, armi ecc.
L’industria partenopea metalmeccanica d’epoca poteva contare su acciai di primissima qualita, tra i migliori d’Europa, prodotti dalle acciaierie di Mongiana, in Calabria, dove ancora si vedono i ruderi degli impianti, e sulle competenze delle sue maestranze (fino a 1.500 lavoratori), spesso premiati nelle fiere estere per la loro altissima qualità.
Per esempio il ponte sospeso in ferro sul Garigliano (recentemente ricostruito dopo che fu distrutto dall’esercito tedesco nella seconda guerra mondiale) fu ideato e realizzato con gli acciai mongianesi.
Comunque, anche se l’economia era prevalentemente agricola, nel Regno delle Due Sicilie era iniziato un processo di industrializzazione che vantava numerose altre eccellenze, quali ad esempio l’industria serica di S.Leucio, l’industria delle paste alimentari, della carta, cotoniera ecc., che tutte richiedevano competenze meccaniche e metalmeccaniche. Napoli era una delle principali capitali europei e contendeva al meglio d’Europa l’eccellenza culturale.
Lo stabilimento "Reale Opificio Meccanico e Politecnico"di Pietrarsa-Napoli
All’indomani dell’Unità d’Italia quasi tutte le attivita industriali andarono in crisi e cessarono a causa del corso liberista della politica estera del nuovo Stato (nel Regno delle Due Sicilie esistevano gia una sorta di incentivi, era l’istituto “dell’incoraggiamento” per le nuove iniziative imprenditoriali), delle forti tassazioni imposte alle regioni del sud, dell’inflazione, dell’esproprio delle riserve auree del sistema bancario del Sud (che non aveva debito pubblico e i suoi titoli di stato erano molto apprezzati e ricercati dagli investitori di tutta Europa). Un nascente e promettente sistema industriale fu demolito, un fiorente settore agricolo ed il commercio internazionale impoverito, Le conseguenze furono le diffuse rivolte, spesso superficialmente ricordate come “brigantaggio e questione meridionale”, che furono represse con il massiccio intervento dell’esercito che porto ad atti di inaudita e ancora sconosciuta violenza (sono sconosciute ai piu le stragi di Pontelandolfo, Casalduni, Campolattaro, la tremenda “legge Pica” e i tanti episodi di violenza che normalmente non sono compatibili con le leggi e la civilta di nazioni europee). Alla profonda crisi economica e sociale seguirono le emigrazioni di massa di milioni di meridionali, fenomeno sconosciuto al sud durante il Regno delle due Sicilie.
Nonostante tali difficili trascorsi, nel 1903 Napoli e la sua provincia rappresentava ancora ben il 5% dell’intero settore industriale italiano.
Forse tale premessa sulle attività industriali dell’ottocento potrebbe sembrare eccessivamente addietro nel tempo rispetto all’industria aeronautica, che inizia ad affermarsi con la prima guerra mondiale; invece in Campania le “radici” metalmeccaniche, che sono alla base dello sviluppo di tali competenze, traggono origine da tali antiche industrie che, tra l’altro, rappresentavano degli assoluti primati produttivi nell’Italia dell’epoca, invidiati dalle regioni del nord.
Capua,1909. Il primo volo in Campania con Giovanni Agusta
I pionieri del volo a Napoli

Nel suo libro, Enrico Ferrone ricorda il professore napoletano Tiberio Cavallo, membro della Società Reale di Londra, che nel 1782 (l’anno successivo all’ascensione dei fratelli Montgolfier) realizzava un rudimentale pallone riempito di idrogeno, e riporta con precisione molte esperienze di ascensioni in pallone svoltesi a Napoli fin dall’inizio dell’800: le ascensioni del lucchese Vincenzo Lunari del 1789.
 Una prima vera e propria trasvolata da Napoli a Salerno (precisamente a Quaglietta) si ebbe il 16 giugno 1843 ad opera del bolognese Andrea Comaschi che riempi il suo pallone di idrogeno sotto la direzione del chimico partenopeo Domenico Mamone Capria; il percorso di 65 miglia fu coperto in 90 minuti.
Il GenGiulio Douhet, nato a Caserta nel 1889, autore della moderna strategia militare aerea
Scrive Ferrone: “E opportuno partire da cosi lontano per dare un significato a quelli che sono stati i tempi piu felici delle costruzioni aeronautiche in cui tante industrie attecchirono proprio nel Mezzogiorno. Non è un stato un caso che sorgessero in meno di un secolo nell’area napoletana tanti insediamenti, cosi come non lo e stato in California, dove le prime officine aeronautiche nacquero per il clima ed il sole che consentivano un’alta attivita di volo, ma anche la lavorazione all’aperto di pezzi ingombranti; e quanto accaduto in California dove il clima primaverile ha giocato un ruolo dominante. E ancor più nella “Campania Felix” maggiormente baciata dalle condizioni atmosferiche, certamente meno bizzose di quelle californiane”. E l’epoca dei primi fragili aerei in legno e tela, dove, ad esempio, ali e fusoliere erano rivestite in tessuto da abili mani femminili all’aria aperta.
L’affare degli aeroplani si andava consolidando nelle intenzione dei primi imprenditori italiani: per consolidare gli interessi del settore, nel 1907 si costituì il Sindacato Industriale Aeronautico Italiano che vide tra i suoi fondatori Giulio Macchi, Enrico Forlanini, Alberto Triaca, personalità che avevano le proprie aziende al nord tra Milano e Torino.
Il primo volo di un aeroplano in Campania lo si ebbe a Capua (Comune che oggi ospita il CIRA) nel 1909, quando il costruttore Giovanni Agusta (che poi negli anni venti in Lombardia costituira le “Costruzioni Aeronautiche Giovani Agusta” e dalla quale discende la famosa fabbrica di elicotteri) fece volare un planeur biplano trainato da un’autovettura.
Pochi mesi dopo tale volo a Napoli fu costruito il primo aereo totalmente partenopeo (il “Napoli I”, costruito nel Cotonificio Meridionale di Poggioreale da Emilio Graf) e nel febbraio del 1910 fu costituito il Circolo Aviatorio, un’associazione sportiva della quale facevano parte i nomi di spicco della società e dell’aristocrazia napoletana.
 Gen. Umberto Nobile, nato a Lauro (AV) nel 1885, raggiunse il polo Nord in dirigibile nel 1926
A maggio del 1910 il circolo organizzò la prima manifestazione aviatoria in Napoli a Capodichino, dove sorgeva il Campo di Marte ed il Regio Galoppatoio, con partecipazioni internazionali e del napoletano Ettore Sarubbi che fece volare il “Napoli I”.
Nel 1913 Armando de Simone costruì nelle officine Carrano e Corazzo e fece volare un aereo Parasol nella Real Tenuta di Licola. Altri eventi aviatori furono organizzati dal Circolo Aviatorio.
Intanto con la con la guerra di Libia, l’aeroplano fu per la prima volta utilizzato in guerra.
Una curiosità, anche la storia del paracadutismo annovera l’importante contributo di un cittadino campano: Prospero Frieri, nato a Napoli nel 1892, pilota militare durante la prima guerra mondiale, elaborò una serie di studi avanzati sull’uso del paracadute. Un suo modello, chiamato “salvator”, brevettato nel 1923, fu adottato nel 1926 dalle aviazioni militari dell’Italia e di molti altri paesi. Frieri stesso effettuò un centinaio di lanci a scopo dimostrativo per testare i paracadute da lui progettati.

Restando in tema di paracadutismo
in Campania e facendo un salto in avanti negli anni, segnalo un’altra curiosita: la prima associazione civile di paracadutismo in Italia costituita nel dopoguerra fu quella di Napoli, istituita nel 1947 con la denominazione ANPI. I reduci e gli appassionati si riunirono in associazione grazie all’attivismo del Cav. Oreste Minutolo. Fino al 1958 le attività si svolsero presso l’aeroporto di Pomigliano d’Arco, con il supporto di uomini e mezzi dell’Aeronautica Militare. In Italia il paracadutismo come sport individuale ufficialmente nacque a Venezia nel 1949; nel dicembre dello stesso anno veniva fondata dall’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia.
Gen Francesco De Pinedo, nato a Napoli nel 1890, volò con un idrovolante Siai S.16 chiamato "Gennariello", nel raid a tappe Tokio e Melbourne.

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