domenica 9 giugno 2013

C’era una volta l’AERFER. Evento “Pomigliano industriale: una questione settentrionale”.

da Dedicato a Pomigliano d'Arco (Note) Giovedì 29 marzo 2012 alle ore 23.46


 
Aerfer - Sagittario II all'airshow di Le Bouget il 29 Maggio 1957

C’era una volta l’AERFER . Evento “Pomigliano industriale: una questione settentrionale”.

Introduzione di Luigi Iodice

Dedicato a Pomigliano d’Arco con questa nota affronta la nascita (23 novembre 1949) dell’Aerfer a Pomigliano nell’immediato dopoguerra ed il suo successivo  sviluppo. L’Aerfer e Alfa Avio sono le industrie che nell’immediato dopoguerra rappresentano la nuova forza produttiva aeronautica a Pomigliano che nasce dalle rovine dei bombardamenti della guerra sugli stabilimenti Alfa Romeo e sull’aeroporto di Pomigliano.  La ripresa di questa industria avviene all’indomani dell’armistizio dell’8 Settembre del 1943 nelle cui clausole  fu vietato all'Italia di svolgere attività produttiva aeronautica ed alla adesione dell’Italia alla NATO avvenuta il 4 aprile del 1949. 

Intanto il 18 marzo 1948 era stato costituita la Società Finanziaria Meccanica Finmeccanica  da parte dell’IRI – Istituto per la Ricostruzione Industriale - per gestire l’insieme delle partecipazioni nell’industria meccanica e cantieristica acquisite nei primi quindici anni di vita dell’Istituto.


La fine del secondo conflitto mondiale aveva lasciato l’industria italiana in generale – e quella IRI in particolare – in condizioni molto critiche: gli stabilimenti erano stati distrutti dai bombardamenti e le fabbriche, che fino a quel momento avevano prodotto su commesse belliche, non erano in grado di riconvertirsi rapidamente per impieghi civili.

Logo Aerfer

Nel processo di riconversione intrapreso, le decisioni di politica industriale lasciavano all’IRI – e quindi alla Finmeccanica – quelle attività che per motivi tecnologici, di struttura impiantistica o di mercato presentavano prospettive più incerte o negative. 
Abbiamo ritenuto di rappresentare la nascita dell’Aerfer facendo riferimento ai seguenti libri:
 - “C’era una volta l’Aerfer…Una occasione perduta” di Giovanni Iorio e Vincenzo Serpico. 1994-Editrice Arcobaleno, Avella (si può trovare in consultazione presso la Biblioteca di Pomigliano d’Arco);
 - “Un secolo del settore aeronautico campano - Una storia poco conosciuta” – di Sergio Mazzarella, Edizione Denaro libri, Novembre 2011(acquistabile anche on line direttamente da Denaro libri);
- “Aviostoria - il sito dell'aviazione italiana” da “Aviostoria - il sito dell'aviazione italiana” che cita la seguente bibliografia: - “1945-1960 I trasporti aerei in Italia dalla guerra all'era del getto” - di Paolo GIANVANNI - Edizioni Ed.A.I. srl, - Articolo: “L'Italia, gli S/VTOL e i Convertiplan” di Cesare Falessi  - Rivista ALATA.

Copertina del libro "C'era una volta l'Aerfer..una occasione perduta"
  
Del primo libro riportiamo la parte iniziale del paragrafo “Epopea”nonché un documento dell’Ing. Amedeo Carassai, fondatore ed Amministratore Delegato dell’Aerfer, pubblicato nel 1954, in cui viene tracciata la missione aeronautica della nuova azienda meridionale.
Del secondo libro riportiamo i capitoli relativi alla nascita ed allo sviluppo dell’Aerfer fino alla fusione con Fiat Aviazione e Filotecnica Salmoiraghi (Finmeccanica) il 12 Novembre 1969.
All’Aerfer, ed in particolare alla produzione e vicissitudini del suo velivolo Sagittario II, primo aereo italiano a superare la barriera del suono, in lizza con il velivolo G91 della Fiat in un concorso NATO, dedicheremo una apposita successiva nota.
 
Coprtina del libro "un Secolo del settore aeronautico campano

Alla fine di questa nota riportiamo due  Appendici. L' Appendice 1 riguarda l'elenco dei velivoli sperimentali prodotti dall’Aerfer e dei progetti non conclusi o non andati in porto per mancanza di fondi. Le relative  informazioni sono tratte da “Aviostoria - il sito dell'aviazione italiana” che cita la seguente bibliografia:
- “1945-1960 I trasporti aerei in Italia dalla guerra all'era del getto” - di Paolo GIANVANNI - Edizioni Ed.A.I. srl
- Articolo: “L'Italia, gli S/VTOL e i Convertiplan” di Cesare Falessi
- Rivista ALATA

L'Appendice 2 ricorda le attività spaziali svolte dall'Aerfer nell'ambito di ESRO (l'Organizzazione Europea delle Ricerche Spaziali.
L'Appendice 3 riguarda momenti ricreativi del personale Aerfer organizzati dal Circolo ricreativo Aziendale.

Questa introduzione non può terminare senza evidenziare una triste nota da parte di chi scrive. Questo elenco di velivoli realizzati e/o solo progettati per la maggior parte per esigenze del trasporto aereo civile ha rappresentato una capacità di progettazione notevole dell’azienda pomiglianese che, se fosse stata supportata dal Management di IRI,  Finmeccanica e Governo dell’epoca (seguendo il programma dell’azienda tracciato dal suo fondatore, l’Ing. Amedeo Carassai), con il finanziamento e lo sviluppo di velivoli da mettere nel mercato, avrebbe creato le premesse di una industria aeronautica nazionale  forte e competitiva a livello europeo e avrebbe potuto dare forza ad una posizione contrattuale italiana  quando si è trattato successivamente di discutere della possibile partecipazione italiana al Consorzio Europeo  AIRBUS (a cui l’Italia non partecipò come vedremo in  note successive).

Non possiamo non essere d’accordo con Giovanni Iorio e Vincenzo Serpico che in   “C’era una volta l’Aerfer…Una occasione perduta” parlano di una  neutralizzazione  dell'espansione dell'industria aeronautica AERFER  a favore  della FIAT-Divisione Aviazione di allora. Pomigliano aeronautica, come già accadeva nel 1939 con Ugo Gobbato e la nascita dell’Alfa Romeo, si caratterizzava come un problema per il Settentrione, cioè  per la FIAT. Cioè per interessi privati. Come vedremo in seguito il problema si estenderà anche alla produzione automobilistica.
 Le foto sono tratte dagli albums diella Pagina "Dedicato a Pomigliano d'Arco", dai testi citati in questa nota, da foto effettuate presso il Museo storico dell'AMI a Vigna di Valle , da ricerche in internet e da Wikipedia

Aerfer Ocren 1967- Locomotore FS E646 208

1) La “Visione” dell’Ing. Amedeo Carassai, fondatore dell’AERFER
(tratto da  “C’era una volta l’Aerfer…Una occasione perduta” di Giovanni Iorio e Vincenzo Serpico)

“Nel periodo postbellico l'industria aeronautica italiana contava poche migliaia di unità in attività lavorativa. Nonostante ciò nessuna attenzione veniva data a questo settore per incentivarne ed incrementarne lo sviluppo. Contrariamente a quanto si faceva in tutti gli altri settori della vita produttiva: agricoltura, zootecnia, servizi, trasporti navali e terrestri, ecc. A conferma di ciò non si
trovano leggi specifiche fin dal 1944 per favorire la riorganizzazione industriale e lo sviluppo di questo vitale settore del paese. Mancavano così anche le provvigioni provenienti dall'America del piano E.R.P. (European Recovery Program), meglio conosciuto come PIANO MARSHALL datato 1948.

AD 80 automotrice Breda-Aerfer

Un barlume di miglioramento nella qualità della vita produttiva meridionale sembrava essere la creazione, nel 1950, della Cassa per il Mezzogiorno (CASMEZ). Essa, in realtà, non agevolava il rilancio nel Sud italiano, dal Momento che faceva addirittura piombare la nostra regione all'ottavo posto tra quelle industrializzate.
Ecco perché era parso quasi un evento eccezionale, l'insediamento di una fabbrica che aveva come obiettivo la costruzione di aeroplani: l'AERFER.

Alfa Mille-Aerfer 1962-63 ANM Napoli

Per volere dell'IRI-Finmeccanica erano venuti a Pomigliano D'Arco, provenienti dalla CAMSA (Costruzioni Meccaniche Aeronautiche Società Anonima) di Marina di Pisa, eredi della tedesca DORNIER WAL, con a capo l'ingegnere Amedeo Carassai, ingegneri, tecnici e specialisti altamente qualificati ed esperti nelle costruzioni aeronautiche.
Il 23 novembre 1949 nasceva ufficialmente, utilizzando una parte del vasto territorio del Centro Industriale Aeronautico di Pomigliano D'Arco, l’AERFER con la ragione sociale: Officine di Pomigliano per Costruzioni Aeronautiche e Ferroviarie - AERFER. Con questo atto si cominciava ad intravedere la possibilità di rivivere il glorioso periodo degli anni in cui l'ingegnere Nicola Romeo dominava la scena industriale aeronautica meridionale e che l'ingegnere Ugo Gobbato aveva riproposto col suo ambizioso progetto del 1939.

Filobus Alfa Romeo 1000-Aerfer a Napoli

Pertanto, con l'avvento dell'AERFER del 1949; accanto allo Stabilimento dei motori ALFA-ROMEO, cominciava a prendere corpo e consistenza il disegno IRI anteguerra e cioè la ricomposizione del Centro Industriale Aeronautico a Pomigliano D'Arco.
La superficie della neonata Azienda era di circa 200.000 mq, di cui oltre un quarto destinata a strutture coperte.
Anche se la ragione sociale diceva che la nascente AERFER era indirizzata alla costruzione di veicoli ferroviari ed aerei, già si sapeva che la lavorazione di materiale rotabile era transitoria perché di fatto l'AERFER , come aveva sempre sostenuto il suo fondatore, l'ingegner Amedeo Carassai, si doveva interessare esclusivamente dell'aeronautica e dello spazio! Infatti, in una brochure del 1954 l'ingegner A. Carassai tracciava con sapiente schema gli obiettivi, nonché i
risultati ottenuti dalla fondazione fino ad allora.

Capannoni per costruzione di elettrotreni AERFER (Archivio Alenia).

Ci è quindi parso doveroso riportare questo documento ( che, a distanza di circa quarant'anni, ha un valore similare ad un testamento, per coloro che dovevano portare avanti la sua iniziativa. Sarà pure col senno di poi, ma, senza tema di smentita, possiamo affermare che nessuna delle persone che si erano succedute alla Direzione dell'AERFER ha dimostrato di essere all'altezza dell'ingegner Amedeo Carassai per qualità manageriali, perizia, conoscenza tecnica professionalmente riconosciuta e , soprattutto, carisma; era nato leader e lo aveva ampiamente dimostrato!

Costruzione di elettrotreni AERFER (Archivio Alenia).2
Sicuramente queste qualità dell'ingegner A. Carassai hanno reso difficile ai suoi successori il poterle uguagliare. A nostro giudizio Egli può ben figurare accanto ai N. Romeo e U. Gobbato, unici grandi artefici del successo aeronautico meridionale di tutti i tempi”

Riportiamo il documento dell’Ing. Carassai, fondatore e capo dell’Aerfer pubblicato nel 1954 in una brochure aziendale

AERFER (di Amedeo Carassai, AD della Società)

AERFER: una sigla che definisce il programma industriale dell'Azienda. Preciso e ben determinato programma per la costruzione di mezzi di trasporto destinati a rifornire un mercato in continuo sviluppo e che, partendo dal presupposto della necessità di intensificare sempre maggiormente il traffico fra i popoli, si proietta nel tempo accomunando il passato con il futuro: mezzo ferroviario, mezzo aereo.

Foto ufficiale in fabbrica per l’ET 101

Un pregevole ed intelligente studio sul mercato dei mezzi ferroviari e sulla necessità di poter disporre di un moderno organismo atto a realizzare costi economici oltre che per l'interno anche per l'estero, condotto dall'ing. Aristide Zenari, all'epoca presidente della Finmeccanica, consigliò l'IRI ad affrontare la costituzione di questa nuova Azienda per contribuire adeguatamente al progresso tecnico ed economico dell'industria meccanica italiana ed alla risoluzione dello scottante problema sociale del Mezzogiorno.

D341 Diesel

Una volta fissato il tema della nuova Azienda, partendo dalla situazione attuale dei mezzi di trasporto, non si poteva costringere il pano rama industriale ad una visione limitata nel tempo, ma bisognava mirare lontano se si voleva assicurare una lunga vita all'Azienda stessa. E fu così associato al programma ferroviario quello aeronautico.
Forse è discutibile, a prima vista, questo connubio sotto il profilo tecnico. Mentre facilmente si può accettare e condividere la visione generale del programma industriale, non altrettanto agevolmente si intravede la comunità tecnica del processo produttivo.

D341 Fiat-OM-Aerfer 1961-63

E su quest'ultimo argomento vogliamo brevemente soffermarci. La lavorazione ferroviaria richiede, come quella aeronautica, ampie superfici coperte e larghe possibilità di manovra e di aree libere di rispetto. Nella sua linea generale, lo svolgimento, lo svolgimento del ciclo produttivo non differisce sostanzialmente nei due casi se si pensa che entrambe le produzioni rientrano nella categoria della carpenteria metallica, anche se sostanziali sono le differenze specifiche dei due cicli tecnologici per effetto delle differenti caratteristiche dei materiali che si lavorano e delle esigenze tecniche dei due prodotti. Non riterremo tecnicamente ed economicamente accettabile la contemporaneità delle due fabbricazioni, ma riteniamo facilmente realizzabile la successione della produzione aeronautica a quella ferroviaria, sempre che nello studio iniziale d'impostazione degli impianti e dei mezzi di lavoro se ne sia tenuto il debito conto, così com'è avvenuto all'Aerfer.

Breda Aerfer 1958-59

La scelta della zona dove dovevano sorgere i nuovi Stabilimenti cadde su Pomigliano D'Arco, dove ebbe vita, purtroppo assai breve, uno dei migliori e più razionali complessi aeronautici d'Europa, creato nel 1939 dall Alfa Romeo e concepito con esemplare chiarezza e rara perizia dalla geniale mente dell'ing. Ugo Gobbato. Un complesso tecnico veramente eccezionale nel mondo, che dalla fabbricazione della materia prima di impiego più corrente nell'industria aeronautica, il duralluminio, si arrivava alla costruzione del velivolo completo di motore. Gli eventi bellici non permisero il completamento del sistema, anzi ne distrussero totalmente le parti costruite e messe in esercizio. Il 23 novembre 1949 fu segnato l'atto di nascita dell'Aerfer.

Bipiano Aerfer VE.111 Metropol

Il 1° febbraio 1930 iniziammo la costruzione quasi contemporanea dei cinquantamila metri quadrati di fabbricati, che furono ultimati e completamente arredati dei mezzi di lavoro e degli impianti nel luglio 1951.
Intanto, fin dal settembre 1950, furono iniziati, con mezzi di fortuna, lo studio e la progettazione di un nuovo tipo di carrozzeria per veicoli industriali concepito con criteri aeronautici: robustezza e leggerezza. Il 4 aprile 1951 il prototipo di questo veicolo partecipava al XXXIII Salone dell'Automobile a Torino destando un notevole interesse fra i tecnici del ramo. Il veicolo era stato costruito utilizzando la parte approntata dei nuovi impianti di Pomigliano con maestranze del luogo.

interno Bipiano Aerfer VE.111 Metropol

L'ATAN, Azienda Autofilotranviaria di Napoli, con profondo spirito di collaborazione ed encomiabile larghezza di vedute, fu il primo utente del nuovo veicolo, che rapidamente si impose, per i risultati pratici, sia nella tecnica progettiva che nell'impiego.
Si inseriva cosi una terza attività oltre le due previste, non a caso scelta come anello di congiunzione fra le costruzioni ferroviarie e quelle aeronautiche.
Fin dal mese di aprile 1951 si era dato inizio all'attività ferroviaria con la costruzione, per conto delle Ferrovie dello Stato, della prima serie dei bagagliai-posta nuovo tipo, progettato dagli Uffici Tecnici dell'Ente Committente.
Ma il divenire dell'Azienda spingeva già verso il programmato tema aeronautico, per la realizzazione e lo sviluppo del quale occorreva un lungo, laborioso ed accurato periodo di preparazione.


Affiancati dalla Finmeccanica, prendemmo quindi, nel novembre del 1951, i primi contatti con l'industria aeronautica nordamericana e nel 1952 firmammo contemporaneamente un contratto di fornitura di parti di ricambio per il velivolo F-84G con l'Aeronautica Militare statunitense, contratto reso esecutivo a Wiesbaden il 4 giugno 1952.
L'accordo ed il contratto menzionati ci diedero la base di lavoro per la nuova attività e ci consentirono di attrezzare gli Stabilimenti con i più moderni criteri e coni mezzi più aggiornati.

BUS Alfa Romeo Mille AU7 carrozzato Aerfer. (ClubAlfa Sport)
Cosi come ci fu possibile trasformare e perfezionare adeguatamente la nostra organizzazione per poter nella maniera migliore soddisfare le gravi esigenze della più moderna tecnica aeronautica.
Alla produzione delle parti di ricambio sopra ricordate abbiamo innestato recentemente la progettazione e costruzione di un nuovo velivolo da caccia a reazione commissionatoci dal Ministero dell'Aeronautica Italiana e che consideriamo il primo passo verso nuovi e più ampi orizzonti.

De Havilland "Vampire"

Lo svolgimento dei traffici aerei, in continuo, costante ed intenso sviluppo, ci induce a guardare con fiducia l'avvenire dell'industria aeronautica. L'Italia, robusta di tradizione aviatoria, tende logicamente a riprendere il proprio posto fra le altre Nazioni industriali per dare ancora il suo apporto di studio e di lavoro al civile progresso ed all'avvicinamento
dei popoli.

SAI Ambrosini S7 "Freccia , progettato da Sergio Stefanutti da cui discese l'Aerfer Sagittario I

Necessario quindi che l'IRI, diretta espressione industriale dello Stato Italiano, abbia fatto suo anche questo importante tema irto di difficoltà e di rischi affiancando, con leale spirito di collaborazione, nei gravi sacrifici, le più vecchie e gloriose industrie aeronautiche italiane.

  
Aerfer Sagittario I

2) La  nascita dell’AERFER  
(tratto da “Un secolo del settore aeronautico campano - Una storia poco conosciuta” – di Sergio Mazzarella)

La Ricostruzione post-bellica, la costituzione di Finmeccanica
Nelle clausole dell'armistizio fu vietato all'Italia di svolgere attività produttiva aeronautica. Prima della fine della guerra l'industria aeronautica italiana arrivò ad avere circa 150.000 addetti; alla fine della guerra la Commissione alleata di controllo proibì la costruzione di aerei e motori avio fino alla firma del trattato di pace   avvenuta nel 1947, una certa ripresa si iniziò ad avere dopo l'adesione dell'Italia alla NATO. Solo nel 1948 l'Aeronautica Militare iniziò a programmare attività che poteva portare commesse al settore aeronautico. Nello stesso anno l'IMAM, che aveva cambiato nome in IMM - Industrie Meccaniche Meridionali- ottenne la manutenzione dei Lockheed P38 Lightning e dei North American P51D Mustang ceduti dagli americani all’Aviazione Militare Italiana, attività molto modeste rispetto alle attività nel periodo bellico.

L'Ing. Sergio Stefanutti, progettista dei primo aereo italiano (l'Aerfer Sagittario II) che superò la barriera del suono

Tra il 1949 e il 1950 l'IMM iniziò la costruzione a Capodichino, su licenza della Fokker, di un lotto di 60 monomotori da addestramento S.11 rinominato “416” dalla capocommessa Aermacchi, consentendo una sopravvivenza minima dell'industria aeronautica napoletana.Nel frattempo si affermava il programma di sviluppo dei velivoli militari a reazione; i primi ad entrare in servizio nell'Aeronautica Militare Italiana furono i Vampire della De Havilland nel 1949. Ricevuti alcuni esemplari, all'industria nazionale  furono concessi la licenza di produzioni, banchi di prova per reattori, attrezzature per la produzione, manutenzione. Una parte consistente del programma interessò gli stabilimenti di Napoli.

F 86 E "Sabre"

Nel 1948 l’IRI istituì la Finmeccanica che nel 1950, sul sito del vecchio Centro Aeronautico (di Pomigliano NdR), suddividendo l'area, insediò le Officine di Pomigliano per Costruzioni Aeronautiche e Ferroviarie "Aerfer"  e l'Alfa Romeo; l’Aeronautica Militare continuò ad  usare la pista per l'addestramento dei piloti fino a  quando non tu trasformata in pista di collaudo per le automobili prodotte dall'Alfa Romeo Auto.

Aerfer Sagittario II

L'industria aeronautica italiana, ed anche quella campana, che ormai vantava una profonda tradizione e competenza, non poteva re stare a lungo così mortificata, pena la definitiva  espulsione dal mercato. L’IRI inviò quale direttore all’Aerfer di Pomigliano, che in quel periodo si era concentrata solo sulle costruzioni di materiale ferroviario e autobus, l’Ing. Amedeo Carassi che iniziò a far ripartire le costruzioni aeronautiche,  stipulando un accordo dal valore di cinque milioni di dollari con la Republic Aviation Corporation per la tornitura di parti di ricambio.

Aerfer Ariete

La IMM assunse la licenza di revisione degli Stinson L5 Sentinel della Consolidated Vultee Aircraft e degli addestratori T6 Texan della North American e la licenza per la costruzione di parti degli addestratori C45 Beechcraft.
Anche grazie a tali lavorazioni, allo studio  della documentazione delle case costruttrici, allo smontaggio e rimontaggio di moderni jet, si approcciò la nuova tecnologia aeronautica per rientrare nel mondo delle costruzioni aeronautiche.

1952. Aerfer: linea di assistenza tecnica ai velivoli F84G dell'AMI

Nel 1956 la IMM, in una fase di ristrutturazione delle aziende aeronautiche nazionali in
ambito IRI-Finmeccanica, si fuse con l’Aerfer, dando vita alle Industrie Meccaniche Aeronautiche  Meridionali Aerfer, portando in dote all’Aerfer  gli stabilimenti di Capodichino, quelli del Vasto furono chiusi nel 1958; la produzione ferroviaria si concentrò nella Sofer di Pozzuoli.
L’Aerfer, per partecipare al bando della NATO del 1953 per un caccia leggero, sviluppò sotto la direzione di Sergio Stefanutti, il Sagittario II che tu il primo aereo italiano a superare il muro del suono.

Aerfer Ariete (progettato da Stefanutti)

Il bando europeo fu vinto, però, dal Fiat  G91 (la Fiat Aviazione divenne pure capocommessa della costruzione su licenza dell’F 104 Startighter, alla cui produzione poi prenderà parte anche l’Aerfer); ciò nonostante nel 1958 l’Aerfer  proseguì lo sviluppo del Sagittario con un nuovo prototipo denominato Ariete e successivamente con il Leone, sviluppati con fondi statunitensi.

Fiat G 91

Cessati i finanziamenti, l’Aerfer si concentrò sulla revisione degli F84 G Republic, degli F86 e degli F104 e la costruzione di alcune parti del Douglas C54 Skymaster.

Caravelle Sud Aviation I-DABM dell' Alitalia

Nel l96O Aerfer si occupò di aviazione commerciale iniziando la manutenzione dei Caravelle della Sud Aviation e dal 1964 della manutenzione dei Fokker F27.
In questo periodo furono sviluppati studi per un aereo da trasporto multiruolo (l'AE 150) e per un bireattore commerciale passeggeri (AE l6O) ma i progetti furono poi abbandonati.

Fokker 27 ATI

Tornando al bando Nato e alla ”concorrenza" nazionale, nei primi anni cinquanta Fiat Aviazione poté avviare la ripresa produttiva con le commesse americane, e in particolare fu l'unica in Europa a ottenere dalla NATO la licenza per la costruzione dell’F 86 K. L'azienda strinse accordi per la produzione di componenti di motori a getto con General Electric e Pratt & Whitney.

Republic F 84G dell'AMI

L'esperienza acquisita grazie a queste lavorazioni consentì di partecipare, nel 1954 alla gara internazionale bandita dalla NATO per un caccia leggero tattico: il progetto italiano, battezzato G 91, ottenne l'anno successivo l’ordinativo di tre prototipi, al pari dei concorrenti inglesi e francesi, sui quali risultò poi vincitore con la decisione definitiva presa nel 1958: il G 91 fu dichiarato caccia leggero standard della NATO sullo scacchiere europeo, diventando il più importante ae-
reo italiano del dopoguerra, con oltre 700 esemplari prodotti, in gran parte esportati.

Fiat F104 Starfighter

Nel 1961 Fiat Aviazione assunse il ruolo di capocommessa italiana per il velivolo NATO F104 G, allacciando in questo circostanza rapporti di collaborazione con l'Alfa Romeo Avio di Pomigliano d'Arco, che faceva capo a Finmeccanica. Aeritalia partecipò alla costruzione di impennaggi e semiali degli F104 e fu coinvolta anche nella produzione dei Fiat G91 R.

Velivolo Republic F-84F dell'AMI (l'aerfer aveva un contratto per le parti di ricambio)

Lo sviluppo dell’Aerfer
(tratto da “Un secolo del settore aeronautico campano - Una storia poco conosciuta” – di Sergio Mazzarella)

Nel 1964 l’Aerfer firmò un accordo con l’Aermacchi per la realizzazione del’AM 3 (la sigla è data dalle iniziali Aerfer e Macchi), per la produzione e certificazione di un aereo leggero per osservazione e collegamento per l'Esercito derivato dal Lockheed-Azcarate AL-6O, di cui la Macchi aveva acquisito la licenza di costruzione.
L'aereo era assemblato a Capodichino e fu prodotto in una cinquantina di esemplari di cui molti venduti all’aviazione militare del Sud Africa e tre al Ruanda.

Aerfer- Macchi 416

L'aereo era stato progettato con la sigla MB335 dallo storico progettista Ermanno Bazzocchi della Macchi- divenuta poi Aermacchi- e padre dell’MB326 (dove la sigla MB stava per Macchi e Barzocchi) e dell’MB 339, l'attuale aereo delle "Frecce Tricolori”, entrambi grandi successi dell'industria aeronautica italiana. Famoso l’aneddoto  di quando l’AM3, presentato al concorso bandito dall’Esercito Italiano per sostituire il Cessna L19, I motorizzato da un motore a pistoni fu scartato a» favore del Siai Marchetti 1019 motorizzato con  turbina Allison.; l’Ing. Barzocchi, dal torte carattere romagnolo, sbottò per la rabbia per il lungo lavoro di progettazione svolto e vanificato, pronunciando a voce alta e stentorea un pesante epiteto nei confronti dell'alto generale Ispettore dell'Aviazione Generale dell'Esercito che aveva assunto tale decisione, in presenza di tutta la commissione e di due allibiti rappresentanti della Lockheed. Lo stesso presidente della Macchi, Paolo Foresio, dovette presentare le scuse formali dell'azienda al Generale.

North American T6 Texan dei Reparti volo dell'Accademia (tra cui il reparto volo sull'aeroporto di Pomigliano

L’Aerfer partecipò anche, insieme a Fiat e Alfa Romeo Avio, alla costruzione di parti strutturali dei l8 Breguet Atlantic antisom del consorzio europeo Sebcat, acquistati dall'Aeronautica Militare Italiana.
La situazione produttiva era però incerta sul futuro e mancava una chiara strategia di sviluppo: spesso progetti messi in cantiere venivano accantonati con dispendio di risorse e tempo.

Breguet Atlantic antisom di AMI

La stessa Italia, uscita sconfitta dalla guerra con molte limitazioni per l'apparato produttivo, non aveva chiaro nei vertici politici-industriali e militari quale ruolo dovesse avere sullo scenario internazionale la propria industria aeronautica e spesso l'industria nazionale si era ritrovata fuori dalla partecipazione a grandi progetti internazionali.

North American P51D Mustang AMI

L'apparato industriale campano, come del resto quello nazionale, aveva bisogno di dimostrare le proprie competenze ed esperienze maturate già in molti anni di attività e di acquisire importanti commesse per mantenere e sviluppare le proprie capacita produttive.
In campo militare, nella seconda meta degli anni sessanta, Germania Ovest, Italia, Canada, Belgio erano interessati a sostituire nel lungo corso gli F-104G e cosi, partendo da un'esigenza comune, stesero un accordo di massima per un cacciabombardiere di nuova generazione.

C45 Beechcraft in deposito a Vigna di valle

Nel gennaio 1968 si unirono a tale progetto europeo Paesi Bassi, Belgio e Canada, che formalizzò la sua partecipazione I5 giorni dopo. Queste nazioni avevano una macchina comune da sostituire, che era l'F-I04 o il CF- 104 Starfighter (quindi un apparecchio medio-leggero utilizzato per vari compiti, dalla caccia al bombardamento).
A luglio dello stesso anno, aderì al progetto anche la Gran Bretagna. Tra i vari partner coinvolti l'industria aeronautica inglese aveva la leadership tecnologica ed era l'unica capace di produrre mo- tori di propria progettazione, ma la realizzazione  di molti progetti era stata compromessa da decisioni politiche e problemi finanziari.
Ben presto la Gran Bretagna assunse il ruolo di leader tecnologico del programma per il nuovo aereo, ora chiamato ufficialmente MRCA (MuIti-Ro/e-Combat-Aircraft).

Tornado MRCA

Stabilite le esigenze, specifiche, costi, sembrava arrivato il momento di passare allo sviluppo, forti del contributo di una mezza dozzina di Paesi. Invece Canada e Belgio si ritirarono presto, seguiti dai Paesi Bassi nel Luglio l969, nonostante fosse stato già costituito il consorzio Partenavia Aircraft GmbH.

Lockheed P38 Lightning

Le industrie coinvolte erano la British Aircraft Corporation (poi BAE), la Messerschmitt-Bòlkow-Blohm (MBB) e l’Aeritalia che aveva una partecipazione iniziale al progetto del 15%. Il prototipo D-9591 rullò in Manching l'8 aprile 1974 e decollò il 14 agosto. Solo il 5 dicembre l975 decollò il primo esemplare italiano, ma rimase danneggiato il mese dopo e, restando in riparazione per 2 anni, contribuì poco al successo del programma sperimentale. Il primo apparecchio di serie, lo ZA3 l 9 volò il 10 luglio 1979 a Warton, il primo velivolo tedesco volò 7 giorni dopo, ma il primo velivolo italiano, il 42.mo prodotto, arrivò solo il 25 settembre 1981. Dopo tutte le trattative e la firma del memorandum d'intesa, fu previsto un carico di lavoro per la Germania e Gran Bretagna del 37% ciascuna, mentre per l’Italia la quota era lievitata al 26%.

DC9 Alitalia

Nel settore dell'aviazione civile commerciale, complessi contatti internazionali furono attivati con gli inglesi della British Aircraft e con gli americani della Douglas per cercare di far acquisire alla Aerfer importanti commesse per aerostrutture.
Gli sforzi furono premiati con la stipula di un importante contratto di subfornitura con la Douglas per pannelli di fusoliera del nuovo progetto per aerei passeggeri a corto-medio raggio denominato DC9, che sarebbe stato acquistato anche dall'Alitalia. Come è noto, il DC9 ha rappresentato un grande successo commerciale di lungo periodo dell'aviazione civile di quel periodo, molti DC9 volano ancora in tutto il mondo, caratterizzato dalla costante e impetuosa crescita del traffico aereo e del numero di passeggeri. ll programma fu ufficialmente annunciato nel 1963. L’Aerfer (e poi l’Aeritalia) ha prodotto pannelli strutturali della fusoliera per 788 esemplari di DC9.

Wide Body DC 10

Alla fine degli anni '70, la Douglas mise in cantiere una nuova versione del DC 9, che prenderà la denominazione di MD80 e con tale progetto, nel 1984, l'Aerfer, diventata Aeritalia, passò dal ruolo di subfornitore a quello di “program participant”, assumendo la responsabilità della produzione dei timoni e alettoni realizzati in fibra di carbonio.
Altra tappa importante per l’Aerfer nella collaborazione con la Douglas fu il coinvolgimento nel programmo DC10, il velivolo wide body che ha conosciuto un grande successo commerciale negli anni settanta-ottanta quale aereo di lungo raggio di dimensioni più ridotte del Boeing 747 Jumbo.
Allo fine degli anni settanta è stato sviluppato anche lo versione aerocisterna denominato KC l0A.
Lo Aerfer-Aeritalia ha partecipato allo costruzione di 432 DC10. Il successore è stato l’MDl l, nel cui progetto l’Aeritalia ha assunto il ruolo di “program participant”.

Il 12 novembre 1969, a seguito di indicazioni della Commissione Interministeriale per l’Industria Aeronautica, l’Aerfer si fonde con la divisione Fiat Aviazione e la Filotecnica Salmoiraghi del gruppo Finmeccanica dando vita ad Aeritalia, che al suo nascere aveva 8.800 dipendenti negli stabilimenti di Torino corso Marche, Caselle Nord, Caselle sud, Pomigliano d’Arco e Capodichino.
Dell’Aeritalia ci occuperemo successivamente

Appendice 1: Velivoli sperimentali prodotti e  progetti  dall’Aerfer
(da “Aviostoria - il sito dell'aviazione italiana” e da www.aereimilitari.org/ )
Quando si parla di caccia a reazione dell’Aerfer occorre fare riferimento all’Ing. Sergio Stefanutti.

Stefanutti e i primi caccia a reazione italiani (tratto da da www.aereimilitari.org/)

Sergio Stefanutti fu uno dei migliori ingegneri aeronautici italiani: nato a Udine nel 1906 cominciò a progettare aerei negli anni '30. Si distinse nel 1939 per il progetto del SAI Ambrosini S.S.4, il primo caccia interamente metallico in configurazione canard e con elica posteriore che abbia mai volato al mondo. Quest'aereo era avanzatissimo per l'epoca ma il progetto fu abbandonato perchè l'unico prototipo realizzato andò distrutto, con la morte del pilota, a causa del difettoso montaggio di un alettone che ne provocò il distacco. Il Ministero dell'Aeronautica bloccò tutto perchè ritenne che l'aereo non fosse sufficientemente maturo sul piano aerodinamico e costruttivo per poterlo produrre in serie.

SAI Ambrosini S7 Freccia

Già durante la guerra Stefanutti s'interessò alla propulsione a reazione. Dato che a causa delle distruzioni belliche in Italia non esistevano gallerie del vento adatte agli studi delle ali per voli supersonici, nel 1952 Stefanutti modificò un caccia leggero ad elica SAI Ambrosini S7 "Freccia", velivolo fra quelli da lui progettati in precedenza, mettendoci la sua nuova ala a freccia di 45° e in seguito un reattore Turbomeca "Maborè II". Il caccia sperimentale venne denominato "Turbofrecia" e in seguito "Sagittario I": doveva fare da semplice banco-prova volante per la realizzazione di un caccia bimotore avanzato, denominato "Vindex".
Nel 1953, mentre il Sagittario I continuava le prove in volo Stefanutti disegnava il "Sagittario II", che avrebbe dovuto essere utilizzato come intercettore. L'Aeronautica Militare, che portava avanti il progetto con fondi messi a disposizione dagli USA nel programma di mutua assistenza dei paesi NATO, decise che l'industria più adatta alla realizzazione del nuovo caccia era la Aerfer di Pomigliano d'Arco (NA), controllata di Finmeccanica, che si occupava già della manutenzione degli F-84 G in servizio nell'A.M.I.
Il programma proseguiva però con molti ritardi e quando nel 1957 i prototipi furono presentati ufficialmente l'aereo era già superato come intercettore. Si pensò di candidarlo al concorso per il nuovo addestratore comune NATO, che sarebbe stato vinto dal G-91.

1953. Aerfer Sagittario II.

Nel 1955 Stefanutti pensò a una soluzione per aumentare la spinta disponibile: installare un propulsore ausiliario in coda, essendo quello principale in posizione centrale. Allungò leggermente la fusoliera del Sagittario e istallò un turbogetto Rolls-Royce "Soar", che prendeva aria da una presa retrattile davanti alla deriva. Chiamò il nuovo caccia "Ariete". Si sarebbe dovuta sviluppare in seguito una versione avanzata con motore e armamento potenziati, l' "Ariete II".
In seguito ai problemi creati dal Soar e alla sua potenza insufficiente Stefanutti considerò l'uso di un motore a razzo a combustibile liquido, tendenza all'epoca diffusa in Europa anche su altri velivoli sperimentali, tipo di motore che aveva anche il vantaggio di poter essere acceso e spento più volte anche durante il volo.
Il nuovo progetto, denominato "Leone", avrebbe dovuto avere al posto del Soar un razzo De Havilland "Spectre Junior" e mantenere la cellula dell'Ariete. Nel 1956 la proposta fu bocciata dal gruppo di lavoro misto italo-statunitense che sovraintendeva al controllo dei progetti e la concessione dei relativi finanziamenti a causa della prevista insufficiente durata del motore a razzo, dovuta alla quantità troppo limitata di carburante trasportabile.
Stefanutti decise quindi di passare a una nuova versione del Leone estesamente riprogettata: doveva avere fusoliera più lunga, nuovo tettuccio, nuova ala a freccia di 50° con superficie maggiore e presa d'aria anteriore di nuovo tipo, con compressore conico contenente un radar. Le prestazioni sarebbero state simili a quelle delle versioni più avanzate del MiG-21. La costruzione del primo prototipo venne fermata all'80% dei lavori perchè i finanziamenti furono dirottati al programma di produzione europea dell'allora avanzatissimo missile antiaereo USA "Hawk".
Nel 1958 Stefanutti studiò una versione VTOL del Leone, ma ogni ulteriore possibilità di sviluppo venne definitivamente inibita dalla corruttela che portò all'adozione dell'F-104 in Europa. Altra illustre vittima della "bara volante" fu il validissimo intercettore britannico Saunders Roe SR-177, che adottava anch'esso la propulsione mista razzo-reattore ed era praticamente pronto per la produzione di serie.

Lo sfortunato Stefanutti continuò a dedicarsi all'aeronautica: nel 1959 progettò l'intercettore bimotore XS.1, poi passò al Corpo del Genio Aeronautico dell'A.M.I. e nel 1962 disegnò un convertiplano quadrimotore simile all'attuale Ospery. Nel 1975 progettò un antesignano dei moderni UCAV, il SAI Ambrosini S.S. 409 da ricognizione e attacco al suolo. Il progetto venne ritenuto troppo futuristico e non ebbe seguito, anche con i successivi due velivoli telecomandati da ricognizione allo studio. Morì nel 1992.

SAI Ambrosini S7 Freccia


Velivoli sviluppati e progettati dall’ AERFER (tratto da “Aviostoria - il sito dell'aviazione italiana”)

1952 - Sagittario 1 ricavato da SS7 SAI-Ambrosini S7

1952. Sagittario I

1952. Sagittario I

1953- Sagittario II . Nel settembre 1953 l'Aeronautica Militare decideva di trasferire lo sviluppo del Sagittario II dalla SAI Ambrosini alla AERFER di Pomigliano d'Arco. Tale decisione era motivata dalla crisi da tempo in atto alla SAI Ambrosini che poteva pregiudicare l'intero programma di sviluppo di questo aereo da caccia leggero su cui l'Aeronautica iniziava a porre molte speranze. Alla ditta AERFER erano così ordinati due prototipi per i collaudi in volo e le parti necessarie per le prove di elasticità e di rottura.

1953. Aerfer Sagittario II
L'ing. Sergio Stefanutti, progettista dell'aereo era assunto alla AERFER in qualità di consulente per la realizzazione dei due prototipi. A Pomigliano d'Arco avveniva la stesura definitiva del progetto. Rispetto al Sagittario I si passava da una costruzione lignea ad una interamente metallica ed ad un motore molto più potente.
Del Sagittario II venivano progettate diverse varianti

Velivolo Aerfer Sagittario II, primo aereo italiano a getto a superare la velocità del suono

Con l'Ariete Sergio Stefanutti era giunto alla fase quattro del suo progetto, l'ultimo gradino prima di giungere al Leone. Con questo aereo si passava alla definizione di un intercettore puro abbandonando la configurazione di caccia plurimpiego dei suoi predecessori.
 
1955. Aerfer Ariete

Il Leone rappresentava la quinta ed ultima fase di tutta la lunga serie di prototipi realizzati per arrivare alla costruzione di un aereo da intercettazione. L'aspetto base rimaneva lo stesso dell'Ariete. Nel muso era sistemato un radar da intercettazione. Quando nel 1958 il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare Italiana, Gen. Silvio Napoli sospendeva il programma Leone per mancanza di fondi, presso la AERFER era già stato realizzato un simulacro in legno in scala 1:1 per studiare la collocazione degli impianti interni e di alcune sue componenti era già iniziata la costruzione. L'Aeronautica Militare avrebbe poi dovuto rivolgersi al Lockheed F-104 Starfighter per dotarsi di un caccia intercettore.
 
1956. Aerfer Leone

1955 – Commuter AE 110
Nel 1955 la AERFER progettava l'Ae-110, un commuter biturbina da trasporto civile per 55 passeggeri. Ne erano previste due versioni:
  • AE-110 W. 1 con ali e impennaggi a freccia e motori Bristol B.E. 25.
  • AE-110 W. 2 con ali e impennaggi diritti e motori Rolls-Royce R.B. 109
La cosa interessante era che i motori erano sistemati su piloni collegati alla parte superiore delle semiali. L'aero rimaneva sulla carta.

1955. Aerfer AE-110 W.1 - Commuter

1956. in tale anno l’AERFER progettava un biturboelica da trasporto civile con la sigla AE-120. Non sono disegni o immagini.

1957 – Convertiplano AE 130
Rivoluzionario il progetto dell'AE-130 del 1957, un grosso convertiplano con un peso totale di 17.000 kg. spinto da due turboeliche Napier Eland L-4 da 4.000 cv. di spinta, con eliche trattive quadripala metalliche, appese sotto l'ala. Il decollo avveniva per mezzo del grosso rotore bipala, azionato dalle stesse turboeliche; effettuata la transizione dal volo verticale a quello orizzontale ed entrate in funzione le grosse pale delle turbine Napier Eland, il rotore scompariva in un apposito alloggiamento sul dorso della fusoliera e non influiva più aerodinamicamente sul volo.

1957. Aerfer AE-130 Convertiplano

1959 - Trasporto leggero - Aerfer AE 150
L'AE-150 era un progetto di trasporto leggero economico sviluppato dall'uffico tecnico della AERFER diretto dall'Ing. A. Porro. Spinto da due turboeliche Rolls-Royce Dart, era destinato ad essere utilizzato in zone non attrezzate con basso costo di esercizio e semplicità di operazioni di carico e scarico oltre a quelle di manutenzione. L'aereo ha configurazione ad ala alta; l'ampio portellone di carico posteriore ha un'inclinazione di 12°. Carrello triciclo retrattile a ruote doppie affiancate. Il modellino dell'aereo era presentato ai Saloni di Parigi e della Tecnica di Torino del 1959.

1959. AE-150 per trasporto leggero

Aerfer AE-160
Tra i vari progetti che tutte le ditte elaborano durante il normale corso della loro attività, le Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali - Aerfer (industria del gruppo IRI) hanno sviluppato un interessante studio di bimotore civile a getto per brevi e medie distanze. L'Aerfer AE.160 (così è designato il progetto) ha tutti i numeri per diventare il tanto atteso vero sostituto del DC-3. Il progetto, non di massima ma definito ormai in tutti i suoi dettagli, ci mostra un bigetto con motori turbofan ai lati della coda, ala a freccia moderata e piano orizzontale a T di linea simile a quella del Douglas DC-9 (del quale la Aerfer costruisce alcune parti staccate) e del Fokker F.28 FELLOWSHIP. Nel complesso però l'AE.l60 ha dimensioni minori rispetto ai due jetliners sunnominati. Una prevista configurazione militare poteva trasportare 25/30 soldati equipaggiati.
 
AERFER AE-160 trasporto civile progetto

1961 - V/STOL da trasporto tattico : AERFER-BAC Type 224
Nel 1961 l'AERFER elaborava assieme alla ditta inglese British Aircraft Co. (BAC) il velivolo V/STOL da trasporto tattico, elaborato in base alla specifica NATO NMBR-4. Il progetto conosciuto come BAC Type 224 era in concorrenza con il nostro FIAT G-222. Su questo trasporto tattico a corto raggio era applicato il principio dei motori portanti divisi.
Il peso al decollo avrebbe dovuto essere ragguardevole, raggiungendo i 35.600 kg. Un modello in scala 1/6 dell'aereo era esposto nello stand della Roll-Royce al 23° Salone di Farnborough nel 1962.

1962 - V/STOL militare - AERFER 2102
Nel 1962 l'Aeronautica Militare Italiana, in base alla specifica NATO NMBR 22, passava alla AERFER una serie di requisiti per uno V/STOL militare fornito di gruppi di motori ausiliari per il volo verticale completamente indipendenti dalle unità propulsive per il volo orizzontale. La specifica AMI era datata 10 luglio 1962. Il progetto che ne derivava era quello dello V/STOL 2102, un aereo propulso da due turbofan sistemati in coda, ma nell'interno della fusoliera, e con i motori per la gettosostentazione sistemati in gondole alari.. Il peso massimo al decollo stimato era di 17.300 kg., il carico utile di 5.000 kg. e un'autonomia di 1.200 km. Questo progetto come tanti altri veniva accantonato per la mancanza dei fondi necessari.

1961. AERFER-BAC type 224 . V/ STOL da trasporto tattico

AERFER - Progetti senza sigla
Bimotore a breve raggio
La AERFER era una ditta molto prolifica in fatto di progetti, alcuni dei quali molto impegnativi. Già nel 1954/55, in collaborazione con un ente tedesco, veniva definito un bimotore a breve raggio con un peso totale massimo di 23.500 kg. spinto da due turboelica Napier Eland e capace di trasportare 55 passeggeri a 530 km/h. Non è dato di conoscere nè la sigla nè alcuna immagine di questo progetto.
Altri progetti:
- progetto Commuter VTOL a gettosostentazione.
-progetto di commuter/regional STOL a gettosostentazione con propulsori separati.

Le informazioni sulle produzioni ed i progetti di velivoli Aerfer sono tratte da Aviostoria - il sito dell'aviazione italiana che cita la seguenta bibliografia:
- “1945-1960 I trasporti aerei in Italia dalla guerra all'era del getto” - di Paolo GIANVANNI - Edizioni Ed.A.I. srl
-Articolo: L'Italia, gli S/VTOL e i Convertiplani di Cesare Falessi
- Rivista ALATA

Appendice 2. Attività spaziali dell’AERFER



(tratto da  “C’era una volta l’Aerfer…Una occasione perduta” di Giovanni Iorio e Vincenzo Serpico. 1994-Editrice Arcobaleno, Avella )
L'ESRO  fino alla metà degli anni ’70 fu l’Organizzazione Europea per le Ricerche Spaziali. Nel 1975 si fuse con  l’ELDO (European Launcher Development Organisation) dando vita all’ESA (European Space Agency)

L'ESRO attraverso gare cui venivano invitate le principali Industrie Europee del settore, approvvigionava i satelliti su cui si montava l'apparecchiatura scientifica per lo studio dello spazio. Tra i programmi dell'Organizzazione fu inserito, in primo luogo, quello delle osservazioni ionosferiche e delle aurore boreali sulle zone polari.
La relativa gara per la costruzione di un satellite ionosferico polare denominato ESRO 1 fu bandita nel settembre 1964 e ad essa furono invitate una trentina di Ditte, tra le quali complessi di notevole importanza come la Sud Aviation, la
Junkers, la Snecma, i Laboratories Centrales des Telecomunications, la Contraves Svizzera e molte altre.
L'AERFER partecipò alla gara in collaborazione con il Centro Ricerche Aerospaziali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, per la parte scientifica e di studio del sistema, e con altre aziende Elettroniche del Gruppo Finmeccanica tra cui in particolare la Salmoiraghi, approntando in breve tempo un progetto costruttivo completo di tutti i piani di realizzazione e di prove.
Il progetto del satellite, con un peso complessivo inferiore ai limiti prescritti, prevedeva a bordo tutte le delicate strumentazioni di rilevamento del campo magnetico, la stabilizzazione, i pannelli di cellule solari per l'alimentazione
elettrica.
Il sistema di classificazione ESRO dei progetti prevedeva varie voci di valutazione che esprimevano un giudizio tecnico del progetto e delle capacità dell'Azienda.
Il risultato della gara fu per l'Azienda di Pomigliano lusinghiero in quanto, nella classificazione complessiva, l'AERFER ottenne il primo posto tra i progetti italiani, alla pari con la F.I.A.R., ed il terzo posto assoluto tra tutte le
industrie europee partecipanti per le "capacità aziendali".
Il risultato spronò l'Azienda a perseverare negli studi e nelle realizzazioni spaziali con l'intento di sviluppare nel Mezzogiorno un Centro Studi avanzato in un campo che giustamente sarebbe considerato all'avanguardia del pro
gresso scientifico e tecnico mondiale", l'attuale CIBA.
In tutti i programmi spaziali di quel periodo l'AERFER fu presente con la costruzione di attrezzature speciali di avanzata tecnologia; fu, tra l'altro, responsabile dello sviluppo del sistema di separazione del satellite ELDO dal
terzo stadio, oltre che alla fabbricazione di componenti strutturali.


Appendice 3: Foto di momenti associativi tra il personale organizzati dal Circolo Ricreativo dell'Aerfer






























-DC-9 I-ATIH dell'ATI


Tornado MRCA


Tornado MRCA AMI

Aerfer Ariete al Museo Storico AMI di Vigna di Valle

Aerfer Sagittario II al Museo Storico AMI di Vigna di Valle

1 commento:

  1. Complimenti per il saggio! Sono il pronipote dell'Ingegnere Carassai, ho scoperto cose sul mio bisnonno che neanche mio padre sapeva. Esiste per caso una copia online di "C’era una volta l’Aerfer…Una occasione perduta"?

    RispondiElimina

Grazie per aver visitato questo blog.
Suggeriscilo ai tuoi amici.