domenica 9 giugno 2013

Questa nostra “Pelle”

da Dedicato a Pomigliano d'Arco (Note) Domenica 30 settembre 2012 alle ore 15.22


Curzio Malaparte

Questa nostra "Pelle"  di Nino Leone

Presentazione
Volentieri riceviamo e pubblichiamo queste riflessioni e questo invito di Nino Leone a "rileggere (o leggere per la prima volta) il pezzo di narrativa "La Pelle" di Curzio Malaparte.
Si vuole evidenziare cosa si leggeva negli anni '50...nonchè il percorso di formazione dei giovani nati dopo la guerra. Riteniamo che molti Pomiglianesi di allora ricordino questo libro di storie crudeli e sconvolgenti che sembra essere stato rimosso per molto tempo dai percorsi letterari...Facciamo proprio l'invito di Nino.

Il libro è uscito nel 1947 in Francia e nel 1949 in Italia suscitando  grandissimo interesse e forti discussioni. Non mancarono le posizioni contrastanti come la messa al bando del Vaticano, caratterizzata da una propensione ad una voluta dimenticanza (che per chi scrive questa pesentazione è sinonimo di propensione ad una voluta perdita di memoria)  per il modo "vivo" con cui veniva trattata la "peste " di cui parla Malaparte. Chi era Curzio Malaparte? Del controverso personaggio abbiamo redatto una breve sintesi  di vita che viene  pubblicata alla fine della  presente nota.
"La Pelle", oltre ad essere stato un successo nella narrativa italiana è stato anche un film sconvolgente (1981) , altrettanto di successo, che ha avuto come protagonista Marcello Mastroianni (nei panni di Curzio Malaparte) sotto la regia di Liliana Cavani.
Riguardo al libro ne riportiamo brevemente la trama (tratta da Amazon.it) al fin di meglio supportare e meglio  comprendere l'invito di Nino Leone a leggerlo o rileggerlo :
"Una terribile peste dilaga a Napoli dal giorno in cui, nell'ottobre del 1943, gli eserciti alleati vi sono entrati come liberatori: una peste che corrompe non il corpo ma l'anima.

Trasformata in un inferno di abiezione, la città offre visioni di un osceno, straziante orrore: la ragazza che in un tugurio, aprendo "lentamente la rosea e nera tenaglia delle gambe", lascia che i soldati, per un dollaro, verifichino la sua verginità; le "parrucche" bionde o ruggine o tizianesche di cui donne con i capelli ossigenati e la pelle bianca di cipria si coprono il pube, perché "Negroes like blondes"; i bambini seminudi e pieni di terrore che megere dal viso incrostato di belletto vendono ai soldati marocchini, dimentiche del fatto che a Napoli i bambini sono la sola cosa sacra. La peste è nella mano pietosa e fraterna dei liberatori, nella loro incapacità di scorgere le forze misteriose e oscure che a Napoli governano gli uomini e i fatti della vita, nella loro convinzione che un popolo vinto non possa che essere un popolo di colpevoli. Null'altro rimane allora se non la lotta per salvare la pelle: non l'anima, come un tempo, o l'onore, la libertà, la giustizia, ma la "schifosa pelle".

Vendita dei soldati americani nei quartieri di Napoli
E, forse, la pietà: quella che in uno dei capitoli di questo romanzo spinge Consuelo Caracciolo a denudarsi per rivestire del suo abito di raso, delle calze, degli scarpini di seta la giovane del Pallonetto morta in un bombardamento, trasformandola in Principessa delle Fate o in una statua della Madonna.

La peste è nella mano pietosa e fraterna dei liberatori, nella loro incapacità di scorgere le forze misteriose e oscure che a Napoli governano gli uomini e i fatti della vita, nella loro convinzione che un popolo vinto non possa che essere un popolo di colpevoli. Null'altro rimane allora se non la lotta per salvare la pelle: non l'anima, come un tempo, o l'onore, la libertà, la giustizia, ma la "schifosa pelle".

E, forse, la pietà: quella che in uno dei capitoli di questo romanzo spinge Consuelo Caracciolo a denudarsi per rivestire del suo abito di raso, delle calze, degli scarpini di seta la giovane del Pallonetto morta in un bombardamento, trasformandola in Principessa delle Fate o in una statua della Madonna".
  
Gennaro Capuozzo, detto Gennarino. Eroe di guerra, morì all'età di dodici anni nella seconda guerra mondiale durante le Quattro giornate di Napol.
Riguardo al film, anch'esso da vedere, ne pubblichiamo alcuni fotogrammi; alcuni potrebbero creare disagio (il film è vietato ai minori d 14 anni). Ce ne scusiamo. Altre foto sono tratte dalla rete, salvo quando diversamente specificato.
Alla presente nota vogliamo correlare il magnifico video  youtube "CultBook - La pelle (Curzio Malaparte) avente come autore e conduttore Stas Gawronski . CultBook è la trasmissione di Rai Educational dedicata ai grandi libri di ieri e di oggi.
Il video (http://www.youtube.com/watch?v=62KtiSmT9M8 ) verrà postato sulla Pagina contemporaneamnte alla nota stessa (a cura di L.I.)
 

Scugnizzi che smontano un carro armato nazista


"Questa nostra “Pelle”  di Nino Leone

«C’erano tra i miei amici americani, molti giovani intelligenti, colti, sensibili: ma disprezzavano Napoli, l’Italia, l’Europa, ci disprezzavano perché credevano che fossimo gli unici responsabili delle nostre miserie e sventure, delle nostre viltà, dei nostri delitti, dei nostri tradimenti, delle nostre vergogne. Non capivano quel che c’è di misterioso, di inumano, nelle nostre miserie e nelle nostre sventure.» …
«Io volevo bene a Jack, perché era l’unico che provasse vergogna, si sentisse … miserabile di fronte alla crudele, inumana bellezza di quel cielo, di quel mare, di quelle isole remote all’orizzonte. Era l’unico a capire che quella è … l’immagine di un mondo senza Dio, dove gli uomini sono lasciati soli a soffrire senza speranza; a capire quanto v’è di misterioso nella storia e nella vita del popolo napoletano e come esse dipendano così poco dalla volontà degli uomini.» …
«Alcuni dicevano: “Voi non siete cristiani: siete pagani!” E mettevano una punta di disprezzo nella parola “pagani”. Io volevo bene a Jack, perché egli era il solo a capire che la parola “pagani” non basta a spiegare le profonde, antiche, misteriose ragioni della nostra sofferenza; che le nostre miserie, le nostre sventure, le nostre vergogne, il nostro modo di essere miserabili  e d’essere felici, i motivi stessi della nostra grandezza e della nostra abiezione sono all’infuori della morale cristiana.»
Liliana Cavani regista film "La Pelle" (1981)
Sono francamente sorpreso... Non credevo di trovare cose così straordinariamente attuali in un romanzo come “La pelle” di Curzio Malaparte, un libro che ha praticamente la mia stessa età. Me lo sono rimesso a leggere stamani stimolato dal dibattito che sistematicamente l’amico Pietro ci chiama a invischiarci, piacevolmente devo dire, quasi sempre piacevolmente. Il volume che ho ripassato è nella collana di quelli che si accompagnano ai quotidiani, e perciò destinato a essere trasferito in certe soffitte che anche noi moderni da qualche parte possediamo. L’edizione originale dello stesso romanzo campeggia invece lì nella libreria ufficiale con la sua veste beige semplice semplice, com’erano i libri di una volta, o non sarebbe più giusto dire… tanto tempo fa?

Marcello Mastroianni interpreta Curzio Malaparte nel fil "La Pelle"
Il libro di Malaparte, di cui a dieci anni dalla pubblicazione si faceva ancora un gran parlare, fu acquistato da mio fratello Ciro, perché allora credo frequentasse i club italoamericani disseminati tra Napoli e provincia, dove circolavano idee e analisi da “Nuova Frontiera” e dove il ricordo della guerra e dell’occupazione nazista, così come dello sbarco alleato e relative sovvenzioni, era certamente molto vivo e per niente ancora materiale d'archivio. Mi intrigava quel libro e non so bene perché, forse era il suo titolo così carnale, così bene attagliato e certamente di sottile reclame per la metafora riconducibile al nome dell’autore stesso.

Mi intrigava forse per i discorsi che mio fratello, appena venti anni nel ’59, si portava a casa e riempiva la tavola, scarna come le figure dei lavoranti nelle opere secentesche, i letti in cui si dormiva almeno in tre, le sere senza stufa, le ore fuori studio o le interminabili passeggiate dopolavoristiche.
 E poi dicono, le generazioni del dopoguerra: quelli, a vent’anni, di dritto e di rovescio discutevano accoratamente del passato prossimo, ma con occhi rivolti già a un personale e collettivo futuro anteriore, io così me li ricordo e la differenza è abissale confrontata ai nostri ventenni.


Quel libro mi era rimasto impresso ed era stampato meglio: si leggeva facilmente con quel Bodoni corpo 12, sicché a venti anni fui preso dalla voglia di sfogliarlo anche io. In confronto a oggi, devo dire che per le prime 20 pagine le trovai francamente incomprensibili. Trattando l’argomento guerra, mi aspettavo istintivamente un romanzo d’azione, ma forse cercavo le trasgressioni del ventre molle di Napoli, di cui allora si discuteva come bisbigliando; e per di più non capivo il ricorso al francese, quando parlavano i francesi, o all’inglese ,quando riferiva le riflessioni personali del generale Jack Hamilton e sorvolo su questo cognome, che nelle rappresentazioni letterarie di Napoli ricorre ora come totem ora feticcio ora corno scaramantico…

E pensare che quarant’anni dopo, avrei fatto la stessa cosa, scrivendo di Napoli, ma senza che mi ritornassero a mente quei dialoghi multilinguistici: ne avrei, sinceramente, meglio profittato!
Del libro dei miei venti anni ricordo poche cose e tutte, devo riconoscere, poco significative. Del volume di oggi, mi son bastate poche pagine per capire che le argomentazioni di Malaparte erano invece improntate a una grande libertà interiore e a un’altrettanta capacità di solidarizzare coi popoli vinti, di sentirsi istintivamente dalla parte degli angustiati da questioni secolari, attraversati ora da questo ora da quel malanno o calamità.

Ritrovo già nelle prime pagine quel sottile argomentare, che è poi anche di La Capria che ho letto più o meno alla stessa età, ma nel mio spazio temporale letterario mi sembra di navigare in stagioni distanti anni luce.
E mi ritrovo col modo di essere dentro i fatti, dentro l'analisi della situazione di Malaparte. Lo dico anche a onta del pregiudizio che ancora scarto dal profondo del mio animo sessantottino di cui ci siamo poi imbevuti negli anni del film ricavato dalla Cavani. E a tal proposito, credo che oggi mi piacerebbe rivedere quel film, sarebbe di una suggestione notevole, m’immagino.

 Quello che però trovo davvero sorprendente nella scrittura di questo libro è la capacità di sentirsi “popolo”, la dichiarata volontà di appartenenza a un Paese che, pur nella difficoltà, trova il suo asse portante, la sua identità primigenia e aggiuntiva, la indifferenza alle differenze regionali e alle ragioni delle latitudini. Lo sguardo sulla storia si fa accoratezza, condivisione, coralità nel portare il proprio e l'altrui dolore, e ciò mi ricorda strettamente scrittori cosiddetti “civili” affermatisi a distanza di molti lustri dalla morte di Malaparte, e segnatamente siciliani.

Credo che le pagine di questo libro, e il sentimento col quale è stato scritto, dicano molto anche del Paese attuale e di come esso appaia sotto i nostri occhi: la divisione parossistica delle non più mille, ma centomila parrocchie, dei milioni di campanili, quasi tutti , però, a ripetere lo stesso suono registrato, da nord a sud, est o ovest che si vada.

Eruzione del Vesuvio
Di più, questo romanzo sacramenta, ancora una volta per Napoli, che la tragedia è in noi, nel nostro divenire, nelle nostre stesse sciagure e nella nostra stessa abiezione. E direi anche, nel nostro incattivirci e incrudelirci nel massacro di ognuno che sia altro da noi, quando poi tentiamo di “salvarci” individualisticamente.
Ma forse… non è che ci farebbe bene un po’ a tutti una serena rilettura di questa nostra “Pelle”?


LA NUOVA FRONTIERA periodico indipendente del Mezzogiorno. Redazione e direzione a Pomigliano D'Arco (foto di Carmen Pulcrano)


Breve nota biografica di Curzio Malaparte

Curzio Malaparte, nome d'arte di Kurt Erich Suckert (Prato, 9 giugno 1898 – Roma, 19 luglio 1957), è stato uno scrittore, giornalista e ufficiale italiano del Novecento. Ufficiale del Regio Esercito  partecipò alla Marcia su Roma allontanandosi successivamente dal fascismo quando nel 1925 fu instaurata la dittatura. E'stato al confino a Lipari con l'accusa di aver svolto attività antifascista all'estero.  Solo con l'intervento di Galeazzo Ciano, suo amico e ministro degli Esteri, Malaparte poté ritornare in libertà, lavorando come inviato del Corriere della Sera. Nel 1936 fece costruire a Capri, su progetto dell'architetto Adalberto Libera, la suggestiva "Villa Malaparte"; questa residenza, una vera e propria maison d'artiste arroccata su una scogliera a strapiombo sul mare, divenne spesso ritrovo di artisti e intellettuali, uno dei più esclusivi salotti mondani del periodo.
Curzio Malaparte al confino a Lipari.
Partecipò alla Seconda guerra mondiale in un primo tempo con il grado di capitano degli Alpini e in seguito, lavorando come corrispondente per il Corriere della Sera, ebbe modo di viaggiare in diverse località europee, tra cui la Francia, la Germania, la Polonia e il fronte russo. Non si sapeva molto della vita di Curzio Malaparte negli anni tra il 1940 e l'8 settembre 1943. Alcuni documenti inediti provenienti dagli archivi americani fanno luce sui rapporti tra lo scrittore e le forze americane stanziate in Italia.
Malaparte,  aveva assunto un atteggiamento critico verso il regime nazista ed aveva lodato l'efficienza dell'esercito sovietico. Per questo le autorità tedesche non lo fecero avvicinare al teatro delle operazioni.  Trascorse oltre un anno in Finlandia. Il 25 luglio 1943 lo raggiunse la notizia della caduta di Mussolini. Tornato in patria, si stabilì nella sua villa a Capri.

Villa Malaparte a Capri, costruita nel 1936.


Le esperienze vissute durante il conflitto fornirono il materiale per il primo romanzo, Kaputt, pubblicato nel 1944 presso l'editore-libraio Casella di Napoli, probabilmente la sua opera più nota all'estero. Questo romanzo, accusato spesso di autocompiacimento, rappresenta un vivido e surreale resoconto degli ambienti militari e diplomatici italiani e nazisti, nonché un forte atto di accusa verso le atrocità della guerra.
Nel 1944, Malaparte rientrò nell'esercito italiano come ufficiale di collegamento con il comando alleato del Corpo Italiano di Liberazione, con il grado di capitano.


 L'arrivo delle forze di liberazione americane a Napoli, e il profondo stato di prostrazione della città partenopea, costituiscono il nucleo narrativo del secondo romanzo, La pelle, pubblicato nel 1949 presso le edizioni Aria d'Italia.
Già nel 1944 a Napoli, ma soprattutto nel dopoguerra, il suo sostanziale anarchismo (e camaleontismo) spinse Malaparte ad avvicinarsi al partito comunista italiano che gli negò per molti anni la tessera d'iscrizione ( La tessera del PCI gli fu consegnata da Togliatti in punto di morte), attirandosi le critiche di larga parte della cultura italiana per la disinvoltura con cui mutava l'appartenenza ideologica e politica (info tratte da Wikipedia)

 

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per aver visitato questo blog.
Suggeriscilo ai tuoi amici.