giovedì 16 febbraio 2012

La Storia dell'IRI

La Storia dell'IRI

pubblicata da Dedicato a Pomigliano d'Arco il giorno mercoledì 12 ottobre 2011 alle ore 19.47 ·

IRI – Istituto di Ricostruzione Industriale
(a cura di Luigi iodice)
L’IRI, acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale, è stato un ente pubblico italiano, istituito con R.D.L. 23 gennaio 1933 al fine di evitare il fallimento delle principali banche italiane (Commerciale, Credito Italiano e Banco di Roma) e con esse il crollo dell’economia, già provata dalla crisi economica mondiale iniziata nel 1929.
Nel dopoguerra allargò progressivamente i suoi settori di intervento e fu l'ente che modernizzò e rilanciò l'economia italiana durante soprattutto gli anni '50 e '60; nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa 1.000 società con più di 500.000 dipendenti. Per molti anni l'IRI fu la più grande azienda industriale al di fuori degli Stati Uniti d'America; nel 1992 chiudeva l'anno con 75.912 miliardi di fatturato ma con 5.182 miliardi di perdite . Ancora nel 1993 l'IRI si trovava al settimo posto nella classifica delle maggiori società del mondo per fatturato con 67.5 miliardi di dollari di vendite. Trasformato in società per azioni nel 1992, cessò di esistere nel 2002.

L’IRI, quando fu costitutita, comprendeva due sezioni autonome: la sezione Finanziamenti e la sezione Smobilizzi.

La prima aveva per scopo la concessione di mutui alle aziende per il loro perfezionamento tecnico e la razionalizzazione della loro struttura economica e finanziaria. I fondi necessari per tale attività potevano essere attinti, oltre che al capitale proprio, anche mediante emissione di obbligazioni.
La sezione Smobilizzi doveva riorganizzare il settore industriale subentrando all'Istituto di Liquidazioni ed ereditandone le numerose partecipazioni azionarie. In pratica aveva lo scopo di risanare l'apparato produttivo duramente provato dalla I guerra mondiale e dalla grande crisi del 1929-33, e di rilevare le partecipazioni azionarie che appesantivano il patrimonio di alcuni istituti bancari.

Le funzioni della sezione Finanziamenti furono trasferite all'Istituto Mobiliare Italiano con R.D.L. 12 marzo 1936, n. 376, e le attività e passività furono passate alla sezione Smobilizzi. Il decreto 24 giugno 1937, n. 905, stabilì che l'IRI fosse costituito in ente finanziario di diritto pubblico per la gestione delle partecipazioni azionarie e attività a esso già affidate, assumendone in certi casi di nuove e smobilizzando gradualmente quelle che lo Stato non avesse più interesse a conservare. Lo statuto fu approvato con D.L. 12 febbraio 1948, n. 51: secondo quanto in esso stabilito, l'IRI aveva il compito di svolgere iniziative finanziarie mediante le partecipazioni possedute e di emettere, in corrispondenza di determinate operazioni, serie speciali di obbligazioni, ma non poteva dedicarsi alla raccolta del risparmio come un istituto bancario.

Nel 1968 l'IRI passava sotto le direttive del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), mentre il bilancio veniva presentato annualmente per l'approvazione al ministro per le Partecipazioni Statali, unitamente alle relazioni del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale.
Le diverse società del gruppo IRI erano suddivise in cinque settori, facenti capo ciascuno a una società finanziaria. Per il settore delle telecomunicazioni la capogruppo era la STET, costituita nel 1933; per le aziende di navigazione la Finmare (1936); per il settore siderurgico la Finsider (1937), diventata ILVA nel 1988; per quello meccanico la Finmeccanica (1948); per quello cantieristico la Fincantieri (1959); per quello elettrico la Finelettrica (1952), soppressa con la costituzione dell'ENEL (1962).

L'ente raccoglieva più di un terzo delle imprese presenti nell'area pubblica, per alcune delle aziende deteneva inoltre una partecipazione diretta: per esempio, della Banca Commerciale Italiana, del Credito Italiano e del Banco di Roma, nel settore creditizio; della SME, della COFIRI, della SOFIN, nel settore finanziario; della Alitalia, nel settore dei trasporti; della RAI, nelle comunicazioni; della società Autostrade, nelle costruzioni e nella gestione della rete stradale; della IRITECNA, che poi avrebbe incorporato l'Italstat e l'Italimpianti, nell'impiantistica; delle Acciaierie del Tirreno, della CERIMET, della SADEA, della SISMA, nella metallurgia.

Gli investimenti ed i salvataggi

L'IRI pose in essere grandissimi investimenti nel Sud Italia, come la costruzione dell'Italsider di Taranto e quella dell'AlfaSud di Pomigliano d'Arco e di Pratola Serra in Irpinia; altri furono programmati senza essere mai essere realizzati, come il centro siderurgico di Gioia Tauro .
Per evitare gravi crisi occupazionali, l'IRI venne spesso chiamato in soccorso di aziende private in difficoltà: ne sono esempi i "salvataggi" della Motta e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l'acquisizione di aziende alimentari dalla Montedison; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell'Istituto.

Gruppo IRI – andamento numero dipendenti
Anno Dipendenti
1938 201.577
1950 218.529
1960 256.967
1970 357.082
1980 556.659
1985 483.714
1995 263.000

Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, il forte indebitamento dello Stato, che rendeva difficile il versamento dei fondi di dotazione all'IRI, e la sopravvenuta difficoltà del gruppo, che non riusciva a disporre più di capitale cospicuo per finanziare i nuovi investimenti, rendevano ormai inevitabile la vendita delle società che operavano in quei settori ritenuti non più strategici.

Venivano, quindi, vendute prima le società della Finsider (dal 1988), poi quelle dell'ILVA (dal 1993) e dell'IRITECNA (dal 1994) e, nello stesso tempo, veniva decisa la trasformazione dell'IRI in società per azioni (1992).

Proseguendo in questo processo di privatizzazione, l'IRI cedeva anche il controllo del Credito Italiano (1993), della Banca Commerciale Italiana (1994) e della Banca di Roma (1997), operazione che decretava la sua definitiva uscita dal settore bancario.

Nel triennio 1994-1996 veniva, inoltre, messa in liquidazione la SME, cui facevano capo Autogrill (distribuzione autostradale) e GS (grande distribuzione).

Con la cessione della Dalmine (1996), l'IRI completava, dunque, anche il processo di privatizzazione dell'intero settore siderurgico avviata nel 1993.

La privatizzazione delle società controllate dall'ente, comunque, non sembrava fermarsi alla fine del sec. XX, nonostante questo continuasse a detenere l'intero capitale o solo parte di aziende come: Alitalia (53%), COFIRI (100%), Fincantieri (83%), Finmeccanica (54%), Fintecna (100%), RAI (99,5%) e Tirrenia (85%).

Nel 1997, venivano cedute Condotte e Italstrade, nel settore impiantistico, e nel settore delle telecomunicazioni, privatizzata la STET, a cui seguiva nel 1999 l'OPAS della Telecom Italia.

Nel settore della navigazione marittima, nel 1998 venivano inoltre vendute l'Italia di Navigazione e la Lloyd Triestino, mentre nel 1999 veniva dato il via alla privatizzazione degli Aeroporti di Roma (AdR) e nel 2000 erano cedute le quote di partecipazione della Finmeccanica e della COFIRI.

La liquidazione dell’IRI

Le poche aziende (Finmeccanica, Fincantieri, Fintecna, Alitalia e RAI) rimaste in mano all'IRI furono trasferite sotto il diretto controllo del Tesoro. Nonostante alcune proposte di mantenerlo in vita, trasformandolo in una non meglio precisata "agenzia per lo sviluppo", il 27 giugno 2000 l'IRI fu messo in liquidazione e nel 2002 fu incorporato in Fintecna, scomparendo definitivamente.

(da Sapere.it e Wikipedia)

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